Recensione di: Gianfranco Bandini, Carmen Betti, Annalisa Massari (a cura di), Progettare il cambiamento educativo. L’impegno di Marcello Trentanove tra comunità e territorio, Atti del Convegno del 9-10 novembre 2018. Bagno a Ripoli. Anicia Editore, Roma, 2020
di Mauro Desideri
Il volume raccoglie gli atti del convegno dedicato all’attività, pressoché trentennale, svolta da Marcello Trentanove, in qualità di direttore didattico, nel Circolo di Bagno a Ripoli e al suo esemplare impegno, non con l’intento di celebrarne la memoria ma con quello di fare un bilancio del lavoro realizzato. Leggendo i diversi interventi – di amici, amministratori, insegnanti, docenti universitari, genitori, etc – si rimane fortemente colpiti dall’importanza e dai meriti di quella esperienza, che non si può non associare alla ricchezza culturale e ai valori che contraddistinsero gli anni sessanta e settanta del secolo scorso. Rilevante anche la grande peculiarità del territorio interessato che, date le coraggiose scelte amministrative messe lì in atto, era stato definito “una Repubblica a sé stante”. Come ha ricordato lui stesso in una sua testimonianza, inclusa nell’appendice del volume, Marcello Trentanove si era formato nella scuola del ventennio e, negli anni successivi alla fine della guerra, il ritorno alla libertà era stato da lui vissuto “come promessa e impegno per la costruzione di una società democratica, di uguali, caratterizzata da una nuova vita civile e sociale e di nuovi rapporti umani” (p. 172). Tale determinazione si era poi perfezionata e rafforzata sia attraverso l’attiva partecipazione al Partito d’Azione, legata anche all’influenza della forte personalità di Tristano Codignola, che alla successiva entusiastica adesione ai CEMEA di cui fu ispiratrice, a Firenze, Margherita Fasolo, docente nell’Istituto magistrale Pier Capponi e collaboratrice di Ernesto Codignola al Magistero.
Trova origine proprio dalla frequentazione di tale associazione il sempre più forte coinvolgimento di Marcello nelle problematiche della scuola e della formazione, prima scarsamente considerate. In essa maturò uno dei tratti che più lo contraddistinguono: l’essere presente, il prestare la massima attenzione ad ogni particolare delle varie iniziative proposte, il sostenere con competenza e passione coloro che erano impegnati nello sforzo dell’innovazione educativa. Parimenti, sempre lì raggiunse la convinzione che il rinnovamento può essere ottenuto solo dagli insegnanti e che qualsiasi riforma calata dall’alto è destinata all’insuccesso. Così come si convinse che la teoria in educazione non basta né a livello universitario né a quello ministeriale, perché occorre avere esperienza diretta della scuola: la teoria è sicuramente indispensabile in quanto illuminante la pratica ma non può essere disgiunta dall’azione.
Come ben evidenziato dal contributo di Maria Rosaria Di Santo, fu proprio attraverso le pratiche dei C.E.M.E.A. che si persuase dell’importanza dell’indipendenza della funzione direttiva dal potere centrale e che la sua democratizzazione costituiva il fulcro dell’autonomia scolastica. Così come prese a credere fermamente in un modello di insegnante creativo contraddistinto da un atteggiamento di ricerca continua nella sua professione. La Di Santo evidenzia, tra le tante riflessioni, anche altre caratteristiche distintive di Marcello Trentanove, come la massima e continua attenzione alla valorizzazione della persona, il grande pregio di far sentire i nuovi arrivati al centro del Progetto educativo; l’essere portatore di un atteggiamento lavorativo e personale che favoriva la crescita culturale e professionale degli insegnanti; la continua pratica della laicità, come disciplina intesa a non dare niente per scontato; il pensare di non avere sempre ragione ma accettare i punti di vista affatto diversi e non condivisi, compresi quelli totalmente divergenti dai propri attenendosi al principio che per contrastare qualcosa che si ritiene sbagliato, occorre conoscerlo; il sostenere con energia che un valido progetto educativo poteva nascere solo da una pluralità di voci e che per cambiare la società era necessario prima cambiare le persone.
Considerazioni, queste, che vengono suffragate da Gianfranco Staccioli, pluriennale membro e dirigente dei C.E.M.E.A, che evidenzia come la totale adesione di Marcello Trentanove ai principi base dell’educazione attiva propugnati dai C.E.M.E.A. aveva fatto sì che taluni arrivavano alla completa identificazione dell’Associazione, perlomeno di quella toscana, con la sua persona. Uno dei concetti ricorrenti di Marcello era quello relativo alla responsabilità soggettiva e di gruppo per una cittadinanza attiva da associare con una coerenza pedagogica democratica e una professionalità dal volto umano. La sua azione si ispirava a un deciso senso di eguaglianza unito al rispetto di una giustizia e di un trattamento paritario per ciascuno. Ricorda la puntigliosità di Trentanove nell’ insistere sulla cura tecnico-pedagogica del lavoro educativo e le ore ed ore passate per arrivare alla precisa definizione di ogni gioco proposto: “Ogni momento, ogni passaggio, ogni sfumatura doveva essere soppesata e discussa perché gli strumenti dell’agire dovevano essere pensati, limati e proposti in modo tale da essere un momento di educazione per chiunque, senza nessun tipo di discriminazione” (p. 110).
Marcello, come ben ci mostra nel suo contributo Gianfranco Bandini, manifestava una decisa reattività ai contesti ambientali in cui si trovava ad operare che si concretizzava nell’ immediata comprensione delle situazioni rendendolo estremamente sensibile alle esigenze formative e sociali. Era portatore e alimentava una passione per il lavoro di insegnante così forte da dare sempre un deciso impulso realizzativo anche nelle circostanze più articolate e difficili da modificare. Sovente questa volontà e interesse travalicavano l’aspetto professionale arrivando a fondere la vita privata con quella pubblica. In Trentanove agiva una passione educativa davvero singolare, sostenuta da una energica ispirazione utopica che si caratterizzava per il procedere nell’innovativo lavoro senza clamore, rifuggendo il presenzialismo mediatico o accademico. La scuola voluta da Marcello e messa via via puntigliosamente in atto a Bagno a Ripoli, ha visto nascere precocemente il tempo pieno, il collegamento fra i diversi ordini di scuole (infanzia-elementare-media), l’inserimento dei bambini diversamente abili nelle classi, l’aggiornamento continuo degli insegnanti, la gestione collegiale del Circolo e così via, caratterizzando quel piccolo Comune alle porte di Firenze, come un luminoso laboratorio pedagogico-educativo-gestionale, grazie, va sottolineato, alla fattiva collaborazione dell’amministrazione bagnese e della comunità locale, come efficacemente sottolineano qui Vasco Tacconi, Luciano Bartolini, Paola Campani e altri.
Leggendo le testimonianze contenute nel testo si rimane colpiti dalla ricchezza, anche utopica, di quell’esperienza e di quel periodo. É facile essere coinvolti dalla grande passione che in quegli anni contraddistinse l’azione pedagogica di una parte progressista del corpo insegnante e di Marcello Trentanove in particolare, che aveva scelto di non essere un teorico della pedagogia o della didattica ma un “pratico illuminato”. Proprio lui è stato promotore e testimone di quella scuola non autoritaria che partendo dai vissuti e dalle esigenze dei principali fruitori, i ragazzi con le loro famiglie, gli insegnanti e l’ente territoriale, ha affermato e cercato di rendere fortemente condivisi i valori profondi della nostra Costituzione come viene ben evidenziato dalla testimonianza di Beniamino Deidda.
Ma se è vero che l’azione di Marcello si è compiuta quasi totalmente nelle scuole di Bagno a Ripoli, non bisogna dimenticare che egli approda alla Direzione Didattica del suddetto comune all’età di 38 anni, avendo già sviluppato, grazie al contesto in cui si era formato, quello fiorentino animato da luminose figure di intellettuali oltre che dai Codignola, un’idea ben precisa di scuola, quella attiva e democratica, sostenuta dal pedagogista americano John Dewey e da altri esponenti nazionali e internazionali, gravitanti intorno alla casa editrice della famiglia Codignola, come evidenziato da Carmen Betti.
Nella sua condotta si incontrano innumerevoli dimostrazioni di fiducia e difesa di quei valori che si possono riassumere nella volontà, sempre pervicacemente perseguita, di rendere i ragazzi uguali nella dignità di cittadini e soprattutto uguali nelle opportunità con la consapevolezza che la scuola deve garantire la presenza delle differenze, che sono un valore, ma nello stesso tempo ridurre, fino ad eliminarle, le disuguaglianze, che sono un disvalore.
Oggi il contesto in cui ci troviamo a vivere, e che a maggior ragione vive la Scuola, è molto diverso: a distanza di quasi cinquant’anni quelle che sono state le sfide educative della sperimentazione, propugnate e fortemente sostenute da Trentanove, soffrono dell’appannamento di quel desiderio “di fare della scuola il luogo in cui la dignità, il rispetto e la libertà della persona siano gli obiettivi che precedono qualsiasi tipo di istruzione” (p. 121).
Come ci ricorda Paolo Borin nel suo articolato intervento, è stato grazie alla caparbia volontà di Marcello Trentanove che è nata e si è radicata l’esperienza di tempo pieno nel comune di Bagno a Ripoli nel lontano 1971. Era una sperimentazione che ribaltava completamente i parametri dell’insegnamento e della relazione educativa partendo, come si è detto, dalle teorie di Dewey fino alle esperienze dei C.E.M.E.A. La base, abbastanza rivoluzionaria, di tale innovativa sperimentazione didattica si fondava su alcuni punti cardinali: il vivere un’esperienza di gruppo come elemento di basilare valore al fine di costruire il contesto educativo; l’attenta accettazione delle varie individualità lasciando al bambino la possibilità di attuare il proprio ritmo di crescita; la pratica della formazione continua dell’insegnante sia nel rapporto educativo con i bambini che nella relazione tra gli adulti.
É Manola Pignotti, che ha avuto in ruoli diversi un’intensa e lunga collaborazione con la direzione didattica, a ricordarci che Marcello è stato Maestro di onestà intellettuale, di laicità di pensiero, senza pre-giudizi, alla continua ricerca del “pensiero dubitativo” come contrappasso alla cultura imperante dei “saperi certi”.
Gli operosi anni che lo hanno visto alla direzione del Circolo didattico di Bagno a Ripoli, si sono caratterizzati per una decisa azione volta a sostenere e portare avanti idee innovative rigorosamente collegate a un metodo incentrato su una forte democrazia diffusa. Una condotta ispirata ai valori illuminanti della nostra Costituzione che hanno visto nella sua rinuncia a essere un teorico della pedagogia o della didattica, nonostante la robusta impronta teorica e la lucidità di pensiero che lo hanno sempre contraddistinto, una coerente scelta di vita.
Mauro Desideri si è laureato in Pedagogia (Indirizzo psicologico) presso l’Università degli Studi di Firenze nell’a. a 1978-‘79, con la prof.ssa Patrizia Meringolo. In seguito si è occupato di animazione teatrale, di fotografia, di mass media a livello didattico, collaborando con diversi Enti locali toscani. Interessato alle esperienze scolastiche alternative, ha in specie approfondito a livello storico-educativo quella di Barbiana, su cui ha pubblicato articoli in prestigiose riviste italiane e straniere: L’inattuale attualità di Lettera a una professoressa(“Rassegna di Pedagogia”, 2017) e Don Milani e la instrucción de los ultimos como “octavo sacramento” (“Ethos Educativo”, 2017). Di recente è uscito un suo lungo racconto, che si situa nell’ambito dei romanzi di formazione, Labirinto d’amore (Prometheus, Milano, 2018)